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I LOVE GARDEN: coltivo dunque sono.
20.03.2017

I LOVE GARDEN: coltivo dunque sono.

Fa notizia in questi giorni la mobilitazione internazionale contro il glifosato, un potente diserbante, sulla cui pericolosità si deve pronunciare l’Echa (Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche). “La petizione contro il rinnovo dell'autorizzazione dell'erbicida glifosato, lanciata da 38 Ong ambientaliste da 15 paesi UE attraverso lo strumento UE dell’"iniziativa dei cittadini europei", ha raggiunto quota mezzo milione di firme in sole cinque settimane dall'avvio. Lo rende noto Greenpeace Europa. (…) In base a quanto previsto dalla norma che regolamenta il funzionamento e l'iter dell'iniziativa popolare europea, la Commissione Ue dovrà prendere in considerazione ed esaminare le richieste contenute nella petizione se essa arriverà a un milione di firme raccolte in almeno sette paesi dell'Unione.” [Fonte: Ansa, 14 marzo 2017]. Venerdì scorso, il 10 marzo, la sentenza emessa da un giudice californiano, che ha avallato la richiesta dello Stato della California per etichettare il glifosato come sostanza “conosciuta per essere in grado di provocare il cancro” ha sottolineato l’aumentata sensibilità delle persone verso il rispetto per l’ambiente e la necessità per le aziende di impegnarsi in tema di CSR (Responsabilità Sociale d’Impresa). Al di là delle personali opinioni o schieramenti e di quanto accadrà nei prossimi giorni riguardo a questo tema delicato, ciò che ci preme evidenziare è l’importanza crescente che le persone attribuiscono all’ambiente e all’ECORISPETTO e la maggiore attenzione verso la Natura: nel 2013 la Coldiretti, analizzando i dati Istat, rilevò che dal 2011 al 2013 gli orti urbani erano triplicati, salendo al numero record di 3,3 milioni di metri quadri di orto pubblico nelle città. Inizialmente questa tendenza fu attribuita alla crisi economica: “la crisi economica fa ricordare i tempi di guerra quando nelle città italiane, europee e degli Stati Uniti si diffondevano gli orti per garantire approvvigionamenti alimentari. Sono famosi i “victory gardens” degli Stati Uniti e del Regno Unito dove nel 1945 venivano coltivati 1,5 milioni di lotti sopperendo al 10 per cento della richiesta di cibo. Ma sono celebri anche gli orti di guerra italiani nati al centro delle grandi città per far sì che, nell'osservanza dell'imperativo del Duce, “non (ci fosse) un lembo di terreno incolto”. Sono negli annali della storia le immagini del foro Romano e di piazza Venezia trasformati in campi di grano e la mietitura svolta in piazza Castello, centro e cuore di Torino in ogni epoca.” [Fonte: Coldiretti, Comunicato Stampa 21 agosto 2014].

Ora però i tempi sono cambiati e la forte motivazione che spinge le persone a coltivare il proprio orto va piuttosto ricercata nella volontà di procurarsi cibo sano e nel desiderio di trascorrere più tempo a contatto con la natura. Partendo dal diverso uso degli spazi privati, giardini, terrazzi, balconi adibiti a orti, fino alle coltivazioni in vaso, all’orto verticale, all’orto didattico, al “guerrilla gardening” che mette a frutto gli spazi urbani disponibili per coloro che non possiedono un proprio terreno per piantare frutta e ortaggi in città, si afferma la decisione di definire sempre più i propri spazi di vita e di azione mettendoli in relazione con la Natura. Coltivare la terra, l’orto o il giardino è un modo per testimoniare la propria presenza consapevole e responsabile sul pianeta. L’Indagine del 2015 Coldiretti/Censis “Gli italiani nell’orto”, rivelava che il 46,2% degli italiani con l’arrivo della primavera si dedica a orticoltura e giardinaggio. Il 25,6% dichiarava di farlo per ottenere prodotti genuini e sani, il 10% per passione e amore della natura, infine solo il 4,8% manifestava l’intenzione di farlo per risparmiare. Il dato sorprendente era che la percentuale era più alta tra i giovani rispetto agli anziani e tra le donne rispetto agli uomini.

Dall’orto urbano all’AgriHood, l’agricoltura di quartiere.
Lo sviluppo dell’agricoltura urbana migliora la vita nelle città, grazie a vantaggi evidenti, quali la riduzione della povertà e del degrado, il miglioramento della salute pubblica, il rafforzamento del rapporto tra Uomo e Natura. In questo periodo storico, in cui il 50% della popolazione mondiale vive in città o in zone a forte urbanizzazione dove i problemi ambientali contribuiscono a determinare l’aumento della povertà, dell’inquinamento e della criminalità [Dati ONU-Habitat, 2007], l’urbanizzazione sostenibile è una delle grandi sfide da affrontare, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. L'agricoltura urbana è un approccio concreto per lo sviluppo ecorispettoso in ambito urbano e consiste nella coltivazione delle piante e l’allevamento di animali, all’interno e intorno alle città. E’ una semplice e salutare soluzione offerta ai cittadini con basso potere d’acquisto, come fonte per arrotondare le entrate e diminuire l’incidenza della spesa per gli alimenti sul bilancio famigliare. L’aspetto collegato alla salute e al benessere sta acquistando sempre più rilievo, anche perché la pianificazione delle città, soprattutto nei casi delle periferie in cui l’espansione è avvenuta rapidamente, non ha generalmente previsto un’integrazione degli spazi verdi e la campagna è stata assorbita e distrutta dall’avanzare degli insediamenti abitativi. Aumentando le zone verdi nelle città si riducono le isole di calore, cioè i fenomeni che determinano un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine, rispetto alle circostanti zone periferiche e rurali; eliminando i mezzi di trasporto superflui si contribuisce alla diminuzione dell’inquinamento e delle polveri sottili nell’aria, senza contare i vantaggi sociali e psicologici, derivanti dal contatto con la terra.

Chi desidera godere del contatto con la terra, oltre a coltivare il giardino e l’orto, può sfruttare terrazzi, balconi, vani scale, per adibirli a spazio verde e anche chiedere di usare spazi altrui, proponendo ai proprietari di curarli e di condividerne i frutti; oppure si può chiedere alle istituzioni di cedere gratuitamente del terreno o esplorare nuove forme, come l’agricoltura di quartiere, un mezzo per riqualificare la città e creare spazi di condivisione in cui far crescere delle comunità, che applicano pratiche virtuose ed ecorispettose per una convivenza civile. Questo modello alternativo di sviluppo costituisce la base per ricostruire il senso di comunità intorno a fondamentali aspetti sociali ed economici. A Detroit, negli USA, la Michigan Urban Farming Initiative (MUFI) gestisce dal 2012 un’area che comprende una fattoria, un frutteto, un giardino sensoriale per bambini, per un totale di 12mila mq. e ha distribuito oltre 50mila tonnellate di prodotti a residenti, organizzazioni non profit e imprese. Chiunque può contribuire al lavoro di semina, raccolta e manutenzione degli orti e può acquistare i prodotti della terra. Ora anche in Italia sta nascendo un’esperienza analoga: l’agrivillaggio di Vicofertile, a pochi chilometri da Parma, è un’azienda agricola, fondata da Giovanni Leoni, che ha avuto l’idea di trasformare la semplice coltivazione in un modello di vita alternativo, in collaborazione con le Facoltà di Agraria, Architettura e Scienze naturali dell’Università di Parma e con il Politecnico di Milano che ha studiato la parte energetica del progetto. La piccola comunità oltre a offrire ortaggi e frutta di stagione di alta qualità è anche un luogo di relazione e scambio.
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